…di una mamma e di un papà

“Siamo una generazione di uomini cresciuti dalle donne. Mi chiedo se un’altra donna è veramente la risposta che ci serve.”

(Tyler Durden in Fight Club)

Vabè, siamo sinceri. Quando dicono che un bambino “ha bisogno di una mamma e di un papà”, non è il pensiero di un figlio cresciuto da due donne a tenerli svegli la notte. Sì, magari i più intransigenti hanno da ridire pure su quello, ma più che altro per l’idea che quelle due donne siano lesbiche e quindi poco raccomandabili. Poco “donne.” Del resto, in una coppia che contempla due vagine e due uteri, è decisamente scarsa la necessità di affitarne un terzo. Basta una provetta con un po’ di seme – o, per i più tradizionalisti, una sveltina con un amico generoso – e il bambino è fatto (lo so che non è così facile, sto semplificando, con intento volutamente provocatorio nel caso non sia chiaro).

Ma la cosa che proprio non va giù, quella che spinge a gridare allo scandalo e farsi il segno della croce, è l’idea di un figlio cresciuto da due uomini.
Perché quello è un bambino senza mamma. E per noi italiani, che della figura della madre facciamo un vanto nazionale, questo è inconcepibile. Se ammettiamo che un bambino possa essere cresciuto da due uomini, che ne è di tutta la retorica sulla maternità? I calcetti del bimbo nella pancia, il legame immediato, profondo e indissolubile tra la donna e il figlio che tiene in braccio per la prima volta, la dolcezza dell’allattamento al seno? A un bambino senza mamma, ovvero senza una figura femminile, chi prepara la pappa, cambia i pannolini, legge la favola della buonanotte? Chi va a parlare con le maestre (donne anche loro, ovviamente), chi cuce il vestito per la recita, chi le fa le trecce se è una femminuccia?

Diciamolo una volta per tutte. Questo schifo e orrore nei confronti dell’idea di un bambino cresciuto da due uomini non ha molto a che fare con l’omofobia (quello semmai è schifo e orrore nei confronti dell’idea di un bambino cresciuto da due omosessuali, ed è il passo successivo), ma ha a che fare col maschilismo.
Ha a che fare con l’idea che fare il genitore sia una cosa da donna.

Il padre tutt’al più può servire a scarrozzare i figli adolescenti in auto, a comprar loro di nascosto i giocattoli che la mamma severa ha vietato, ad alzare la voce e dare sculacciate quando i ragazzi prendono brutti voti, a insegnare ad andare in bicicletta. Il padre è quello che ordina e punisce, che a casa non c’è perché è a lavoro e “quando torna papà le prendi”, il padre è una figura per le grandi occasioni, non di ordinaria amministrazione. Non sa veramente cosa succede in famiglia. Quelle sono dinamiche a gestione femminile, pura economia domestica. Che se ne fa un bambino di un padre quando ha bisogno di essere accudito? Possibile che questo padre sappia non solo cucinare, lavare, stirare, ricordarsi tutti gli appuntamenti dell’agenda, fare i compiti col bambino, ma che sappia anche parlare di sentimenti, consolarlo quando è giù di morale, essere dolce quando ne ha bisogno? Possibile che sappia farlo bene quanto una donna? Andiamo, su, come si fa senza la mamma?

A rifletterci un po’, inizia ad essere evidente che questo elenco che ho fatto sopra, e che non è assolutamente esaustivo, è l’elenco delle cose che ci aspettiamo da una madre, da qualunque madre, in nome del suo essere donna (e quindi per definizione sensibile e materna) e in nome del legame biologico che ha stretto con il bambino, perché per nove mesi lo ha portato in grembo e poi lo ha partorito.
Se la mamma è adottiva, pazienza, non sarà mai madre quanto quella a cui hanno effettivamente tagliato il cordone ombelicale, ma almeno è una donna e quindi biologicamente predisposta a essere affettuosa e materna.
Per le persone che la pensano così ci sono alcune novità inquietanti. Non tutte le donne sono “madri” e non tutte le “madri” sono donne.
Ci sono donne, e ve lo assicuro perché io sono una di quelle, che non sarebbero capaci di fare da mamma nemmeno a un cactus.
“Eh ma dici così perché ancora non hai figli. Con i figli tuoi è diverso.”
Non ho figli, ma ho nipotini meravigliosi a cui voglio un bene dell’anima eppure non sono mai stata capace di tenerli in braccio o di giocare con loro o di dar loro la pappa. Sono donna (ma lesbica, quindi non del tutto donna, state pensando) ma ne sono totalmente incapace. E figli non ne voglio.
“Ah, ma cambierai idea quando l’orologio biologico si metterà a ticchettare.”
A un uomo che dichiara di non volere figli non dite mai che cambierà idea. Perché il suo orologio biologico non ticchetta: sono le donne che verso i trent’anni diventano nevrotiche se non partoriscono, vero? Ma se per fare figli ci vuole anche l’uomo, allora perché questo istinto alla riproduzione dovremmo sentirlo solo noi? Tutte e sole noi donne?
Spiacente, esistono donne di trenta, quaranta, cinquanta anni che non hanno mai voluto figli, non ne hanno avuti e non se ne sono mai pentite. E ne esistono altre – molte di più, purtroppo – che i figli non li volevano, ma li hanno avuti perché hanno ceduto alle pressioni sociali, alle aspettative (“e tu quando lo fai un bambino?”, “e i nipotini quando arrivano?”, domande che vengono rivolte sempre e solo alle donne) e poi si sono rivelate pessimi genitori. Non tutte le donne sono madri.
E non tutte le “madri” sono donne.

Per avere spirito materno non è necessario avere una vagina. Anche io ho avuto il tipico padre tradizionale, che esauriva il suo compito nel contesto familiare una volta portata a casa la pagnotta. Ha avuto tre figli e li ha amati con tutto il cuore, ma non ha mai saputo dirglielo. Il suo destino era quello di essere ignorato, al massimo temuto nelle rare occasioni in cui si arrabbiava. Non sapeva nulla di noi. I nostri voti a scuola, i giorni in cui avevamo la visita dal dottore, gli orari della piscina, il nome del ragazzino che ci piaceva, il nostro colore preferito: queste erano cose per mamma. Mamma era incatenata a noi, mamma era costretta a vivere attraverso di noi, a sacrificare se stessa e le proprie aspirazioni per tener testa, essenzialmente da sola, al compito incredibilmente difficile di traghettare tre mostriciattoli dall’infanzia all’età adulta (e in fondo anche oltre). Forse a mio padre sarebbe piaciuto partecipare, ma questo non rientrava nel suo ruolo. Tutto quel che sapeva di noi era quel che la mamma gli raccontava la sera a letto, prima di addormentarsi esausta. Il nostro modello “genitoriale” – che è culturale, non biologico! – è talmente sbilanciato verso la figura materna che diventa automaticamente impensabile pensare a una famiglia senza la Mamma. Quella che si occupa della casa, dei figli, praticamente di tutto.

La capacità di fare la madre non ti arriva a dodici anni insieme alle mestruazioni, ve lo garantisco. Lo impari facendolo, lo impari perché ti viene tramandato di generazione in generazione, e soprattutto lo impari perché fin da quando nasci ti senti ripetere che sei fatta per fare la mamma, sei fatta per occparti dei figli, che i maschi, poverini, anche se sono più intelligenti di te non sono proprio in grado di mettere su l’acqua per la pasta, quindi devi prenderti cura tu anche di loro. Te lo ripetono fino alla nausea, e ai ragazzi ripetono di pensare al calcio e alle moto, di non “farsi incastrare” da una donna, di stare attenti a non innamorarsi. Stereotipi, solo un enorme mucchio di inutili, ridicoli stereotipi.

Un uomo non è geneticamente incapace di accudire un figlio. Là dove l’istinto materno è stato ingigantito, esasperato, trasformato in un dogma a cui nessuna può sottrarsi e identificato come l’unico e più nobile compito che la donna deve proporsi di esaudire, quello paterno è stato minimizzato, ignorato, trascurato, perché l’uomo è stato educato a seppellire la parte più emotiva e intima di sé. Secoli e secoli di maschilismo ci hanno fatto questo.

Pensate a cosa significhi davvero fare il genitore. Pensate alle madri e ai padri che per i loro figli hanno sacrificato ogni cosa, a quelli che hanno lasciato il loro paese nella speranza che almeno il bambino arrivasse dall’altra parte del mare, a quelli che hanno venduto la loro dignità, i loro sogni, la loro stessa vita in cambio di un pezzo di pane per i loro figli, o in cambio di una promessa di libertà, che a volte è ancora più importante del pane. Pensate ai loro sacrifici, voi che ve ne state al caldo a pontificare su cosa è “per il bene dei bambini”, e vergognatevi.
Se credete davvero che tutto quel che una persona può dare a un figlio dipenda dal genere cui appartiene, se davvero pensate che un essere umano non sarebbe disposto, per il bene di suo figlio, a fare di tutto, fregandosene di quel che è “da uomo” e quel che è “da donna”, allora forse siete voi che non dovreste avere figli.

18 pensieri su “…di una mamma e di un papà

  1. Hai espresso esattamente quello che è anche il mio pensiero. Ci hanno inculcato, durante la crescita, la visione della donna casalinga e dedita ai figli e dell’uomo che porta a casa il pane senza interessarsi minimamente di quello che succede tra le mura domestiche. La donna non deve lavorare e l’uomo non deve piangere, la donna non può realizzarsi individualmente e l’uomo non può farsi il bucato da solo. Sono delle concezioni che, nonostante gli anni interi di lotta per la parità, sono ancora insite nel genere umano,in particolare qui in Italia. Fino a quando non si metterà fine a questa disparità, l’italiano medio, o comunque l’uomo medio, penserà sempre che un bambino per crescere ha bisogno esclusivamente di una mamma e di un papà. Essere genitori non dipende dall’essere uomo o donna, ma dall’essere in grado di crescere, proteggere e sostenere i propri figli, diventando un buon esempio per loro.

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    • Già. Quel tipo di stereotipi danneggia uomini e donne, danneggia etero e gay. Eppure hai visto cosa è successo quando si è provato a parlare di educazione alle differenze a scuola? Appena si toccano i ruoli di genere, in Italia le persone impazziscono e iniziano a parlare di sessualizzazione e omosessualizzazione. In realtà a me pare l’esatto contrario, quello che ci si propone non è di creare dei condizionamenti ma di rimuovere quelli esistenti, che sono datati e anche molto invasivi…Speriamo che il paese maturi in fretta, perché siamo tutti arcistufi di aspettare

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      • Sto sperando con tutto il cuore che il nostro paese maturi, ma non ci credo più e mi incolpo per questo. Ogni giorno mi alzo con un peso sullo stomaco tale da compromettermi la giornata, so per certo che molta gente non cambierà mai purtroppo. Nonostante sia amareggiata, delusa e profondamente stanca continuo a lottare, perché per dare una svolta al paese occorre l’aiuto di tutti, anche di chi ha il cuore distrutto.

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      • Mi riconosco molto nelle tue parole. Ammiro le persone che continuano a crederci senza mai mollare, io vorrei essere uguale e nel mio piccolo tento di continuare a dire ciò che penso e a sostenre i progetti lgbt, però ho l’impressione – la terribile impressione – che questo sia proprio quel che la gente pensa. Che il dibattito in senato (se di dibattito si può parlare) rappresenti la realtà delle cose: una vastissima maggioranza di persone indifferenti e con un forte pregiudizio nei confronti di tutto ciò che minaccia il modello di “sacra famiglia”. E se è così, allora le leggi non bastano e non credo ci sia qualcosa in cui sperare.

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      • Esatto, che la legge passi o meno sarebbe un successo o una sconfitta per i nostri diritti, ma la mentalità, le convinzioni radicate delle persone e i pregiudizi non svaniranno solo perché, da quel momento, noi saremmo tutelati. L’ignoranza e la cattiveria non vengono debellate dalla giurisprudenza…
        p.s scusami per lo sfogo personale e per aver invaso il tuo articolo 🙂

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      • Ma figurati, nessuna scusa! Sfogati pure, anzi, è importante poter comunicare e non è facile trovare un modo/luogo in cui farlo…il blog serve a questo! Di sicuro se ci fosse una legge questo aiuterebbe la transizione verso l’idea di “normalità” di famiglie diversa da quella tradizionale. Già adesso si stanno facendo molti passi avanti, grazie anche ai personaggi famosi che fanno coming out, all’omosessualità, bisessualità e transessualità ritratte in film, video, canzoni eccetera, però è tutto straordinariamente lento. Insomma, siamo adesso dove il Nord Europa stava circa trent’anni fa, e con molte meno polemiche e resistenze credo. Al che viene spontaneo domandarsi: ma perché qui dev’essere così difficile? E domandarsi anche: io proprio qui devo vivere? Penso che moltissime persone lgbt (e non solo) se ne vadano per questo motivo. Io non ho in programma di fare figli, ma se ne volessi, di sicuro non vorrei farli nascere qui (e anche se non fossi lesbica, se non altro per non sottoporli all’indottrinamento cattolico fin dalla nascita!) però ancora non sono pronta a fare una scelta del genere! Diciamo che abbaio e non mordo…

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  2. Di sicuro adesso l’omosessualità ha molta più visibilità rispetto a dieci/quindici anni fa e questo è un gran passo avanti, tuttavia la visibilità e la presa di coscienza non è abbastanza. La maggioranza della gente si rifugia ancora dietro al pensiero ” Sì so che è una cosa che esiste, ma spero comunque che non capiti a me o alle persone a me vicine” come se la considerasse una nota di demerito o, nel peggiore dei casi, una malattia.
    Non ho ancora ben chiaro cosa farò dopo la laurea, ma il pensiero di trasferirmi all’estero sta sfiorando la mia mente e quella della mia ragazza. E’ tutto ancora molto teorico, ma non vivrò in un paese in cui la mia famiglia potrebbe ancora, dopo l’approvazione della legge-si spera-, essere considerata di serie B.

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    • Non saprei come darvi torto.
      Una “nota di demerito”…sì, è proprio così. Hai trovato la definizione giusta. Della serie: “Quel ragazzo è tanto in gamba, peccato che sia gay” o “Quella ragazza è proprio in gamba anche se è lesbica”. E chi pronuncia affermazioni del genere passa pure per una persona di mentalità aperta perché, cavolo, non si lascia frenare dai pregiudizi!

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  3. Uno dei tuoi migliori articoli. C’è poco altro da aggiungere. La discussione sull’adozione del figliastro è subito degenerata sull’utero in affitto, quando è del tutto evidente che, tra le tante cose, non è una tecnica usata da coppie lesbiche (a meno che entrambe siano sterili, una condizione molto sfortunata e improbabile). E anche una delle associazioni cattotalebane di Adinolfi si intitola proprio “voglio la mamma” (e il papà?). La retorica della mamma è particolarmente velenosa perché si fonda sui sentimenti positivi che (quasi) tutti abbiamo per le nostre madri: chi provasse a combatterla dovrebbe aspettarsi di essere etichettato come “quello contro le mamme”. Inoltre, molte persone non combatteranno certi stereotipi, perché sarebbero costrette ad ammettere di aver sacrificato la loro vita e la loro felicità per niente

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    • Grazie 🙂 è evidente anche, almeno a chi voglia vederlo, che la GPA è usata per il 98% da coppie eterosessuali. E mi trova particolarmente d’accordo la tua ultima osservazione: come potrebbero tutte le madri e i padri che hanno faticato e sofferto per essere all’altezza di un modello spietato, oggi, dire tranquillamente che i figli si possono crescere anche in altri modi? Difficile. Spero nella generazione dei neogenitori di oggi, che dovrebbero avere un po’ più chiare le idee di collaborazione fra i partner e abbattimento dei ruoli di genere, se non altro perché quasi nessuno può permettersi economicamente il lusso di una mamma che sta a casa. Anche se mi par di capire che i bambini di oggi li stanno crescendo soprattutto i nonni, ove possibile.

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  4. Il bello è che se ci si ragiona dieci minuti, dieci minuti filati senza interruzioni dedicati al confronto con i propri pregiudizi, si riscontra in maniera veramente immediata che questa storia di donna=brava genitrice uomo=genitore di serie B è ridicola tanto quanto quella che le donne non sappiano guidare. Basta davvero il tempo di leggere un articolo come questo, non di più. E la maggior parte della gente non ci arriva in tutta la vita…

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    • Quando ti ripetono una cosa ogni giorno per tanti tanti anni, diventa vera. Fino a che a un certo punto alzi la testa, la guardi in faccia e scopri che non lo è mai stata. Non è semplice. Moltissime persone e famiglie basano la loro intera esistenza su pregiudizi come questo, si sentirebbero svuotati se si fermassero a riflettere su quanto è stupido. Spero però che le cose cambino col tempo 🙂 Vulcanica

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